L’estate 2022 sarà ricordata per il fortissimo caldo e per la quasi totale assenza di precipitazioni, che ha causato un serio problema di siccità in Italia e in Europa.
Questi fattori sono così riusciti a porre l’accento su un serio problema che da alcuni anni viene trascurato: la crisi idrica e la scarsità di risorse d’acqua nel nostro Paese.
La scarsità di precipitazioni ha causato non pochi problemi anche alle famiglie italiane, in particolar modo nel Mezzogiorno, dove abbiamo visto più Comuni imporre razionamenti d’acqua in alcune ore particolari della giornata.
Di certo le abitudini di agricoltura, famiglie e imprese degli ultimi anni non hanno potuto fare altro che mettere ancora più in risalto il problema. Un dato che può allarmare è l’eccessivo spreco di acqua: ogni secondo vengono sprecati circa 104.000 litri d’acqua.
I fattori che determinano dispersione e spreco di acqua sono essenzialmente 3:
- Scarsa percezione dell’emergenza idrica, con l’utilizzo spropositato di acqua in ambito domestico e industriale;
- Spreco all’interno della rete idrica: i sistemi obsoleti e scarsamente mantenuti provocano circa il 40% dello spreco citato in precedenza;
- Agricoltura: la scarsità di piogge ha portato moltissime imprese agricole a dover sfruttare fonti e scorte destinate ad altri usi per l’irrigazione dei campi in modo da provare a salvare i raccolti. Ad esempio, coltivazioni come il grano, che normalmente si nutrivano delle semplici precipitazioni atmosferiche, hanno dovuto essere irrigate, con il conseguente consumo di acqua e aumento dei costi.
Tutti questi fattori hanno provocato la visione da parte nostra che ha creato una chiara immagine del problema: torrenti, fiumi, laghi e canali di irrigazione completamente prosciugati.
Di certo le imprese e i cittadini non hanno potuto evitare di subire questa emergenza anche a livello economico: lo sfruttamento dell’irrigazione ha provocato un aumento dei costi che l’agricoltura ha dovuto sostenere, che si sono riversati sui prodotti alimentari finali e sulla loro lavorazione.
Di fronte a questa situazione emergenziale l’Unione Europea ha stabilito alcune linee guida da percorrere per ridurre la crisi, tra cui la possibilità di sfruttare le acque reflue domestiche e industriali per scopi irrigui, previo trattamento per la rimozione delle sostanze organiche e inorganiche nocive per la nostra salute.
Acque reflue industriali per scopo irriguo
Come anticipato, le acque reflue non possono essere scaricate a terra sulle coltivazioni, in quanto contengono sostanze organiche e inorganiche nocive per l’uomo.
In particolar modo quelle industriali, che provengono dalla lavorazione e dalle toilette di edifici dove si svolgono attività commerciali o produttive, come ad esempio ristoranti, bar, centri commerciali e negozi.
Tramite la depurazione, però, è possibile riciclarle e convogliarle in apposite cisterne o canali per essere sfruttate in agricoltura, abbattendo così lo sfruttamento di acqua potabile.
Questi impianti per il trattamento e la depurazione delle acque reflue industriali hanno un funzionamento che non è dei più semplici da spiegare e per questo ci sentiamo di dare la parola agli esperti di Dora Baltea. All’interno della pagina citata poco fa potrete trovare un vasto approfondimento redatto dai tecnici di una delle aziende più specializzate in Italia nella progettazione di impianti di depurazione per le acque reflue industriali e domestiche, con la possibilità di approfondire il funzionamento di ogni dispositivo.
Con questi impianti sarà così possibile sfruttare acque reflue industriali riciclate nell’irrigazione dei campi, riducendo così consumi, sprechi e costi per le aziende agricole e per la popolazione, con una sensibile contribuzione al combattimento della desertificazione che da anni colpisce il nostro Paese.