Globalizzazione , cos’è e come ha cambiato il mondo del lavoro

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La globalizzazione è un processo di interdipendenza globale tra i popoli. E’ un fenomeno in continua espansione e che prende piede con grande velocità. Punta a unificare la sfera economica, ideologica, culturale, sociale, di tutti i paesi del mondo.

Anche gli effetti di questo processo si ripercuotono nel bene o nel male a livello planetario ossia globale.

La globalizzazione è un processo iniziato negli anni’80 nei paesi capitalisti che diedero l’avvio ad un un sistema economico-politico mirato ad un grande ampliamento della sfera economica privata su scala nazionale e internazionale, incentivato dalla fine del sistema socialista in diversi paesi tra cui il più importante l’Unione Sovietica e dalla diffusione, soprattutto all’inizio degli anni ’90, delle nuove tecnologie informatiche nella vita quotidiana e nelle attività economiche.

Ma è sicuramente il campo economico- finanziario quello principale a cui si fa riferimento quando si parla di globalizzazione: l’ampliamento delle opportunità economiche su scala internazionale,  in particolare sulle condizioni di prezzo e costo, quindi il livellamento dei prezzi e costi nella maniera più conveniente su scala internazionale.

Mondo globalizzato, pro e contro

 Come tutti fenomeni, anche quello della globalizzazione porta con se conseguenze positive e negative.

Sicuramente l’accesso globale all’informazione e al sapere in generale è a vantaggio di tutti quei paesi che fino ad ora non vi hanno avuto accesso. Questo porta con sé una migliore fruizione della cultura e dello scambio tra i popoli ampliandone la conoscenza attraverso diversi mezzi compresi il cinema, la musica, il cibo, il vestiario e via dicendo. Questa messa in luce delle tante culture prima scarsamente considerate, ne favorisce l’attenzione anche per quel che riguarda la questione dei diritti umani, negati ancora in molti paesi e che tendono ad essere in questo modo più tutelati e difesi. Così anche i diritti degli animali. L’attenzione verso i paesi in via di sviluppo favorisce l’aiuto verso di loro attraverso finanziamenti e missioni con lo scopo di migliorarne la loro qualità della vita.

Di controparte però, il mondo globalizzato porta delle conseguenze che non tutti ritengono positive come il confine sempre più labile tra culture diverse che andranno man mano a fondersi in una unica cultura dettata dal mercato, perdendo la propria individualità, storia e bellezza. Stessa sorte toccherà al mercato del cibo che andrà via via sempre più verso quello economicamente più vantaggioso cioè il cibo spazzatura monopolio delle grandi catene che, così come nel vestiario, tolgono rapidamente lavoro alle realtà più piccole e locali che portano con sé tradizioni e qualità.

Il mercato dei prestiti, poi, risulta un’arma a doppio taglio per quei paesi in via di sviluppo che possono ottenere un prestito facilmente, ma senza avere troppe chance di riuscire a ripagare il debito date le ferree regole sui tassi di interesse.

Il mondo del lavoro oggi

 Questa unificazione dei mercati a livello mondiale portato dalla globalizzazione ha fortemente influenza e sta influenzando tutt’ora il mondo del lavoro andando a peggiorare in tanti casi le piccole realtà locali, i piccoli mercati e le zone rurali dei paesi meno sviluppati. Gli stessi metodi tradizionali agricoli sono stati cambiati a favore dei metodi di produzione tipici del sistema capitalistico che risultano più produttivi e quindi economicamente più vantaggiosi senza tenere conto della storia, della bellezza e della qualità delle realtà più piccole costrette a soccombere per l’impossibilità di competere con un mercato tanto più forte.

Anche lo sviluppo tecnologico ha ridotto fortemente la domanda nel mondo del lavoro soprattutto per quello a bassa competenza aumentando quelli dove le qualità richieste sono molte.

Il basso costo del lavoro e i bassi oneri fiscali fanno si che le grandi aziende decidano di spostarsi all’estero dove la pressione fiscale è inferiore piuttosto che investire nel proprio paese dando origine alle delocalizzazione, quindi ad una diaspora di persone e delle loro qualità che vanno, sì, ad arricchire il paese in cui andranno, ma lasceranno il proprio sempre più povero. Questo implica anche la richiesta, da parte dei datori di lavoro, di una maggiore flessibilità agli spostamenti da parte dei dipendenti rendendoli sempre più precari, trattandoli più come merci che come persone.

I flussi migratori (a volte di interi popoli) dai paesi disagiati  aumentano lo sfruttamento di manodopera verso tutti quei lavori considerati “di fatica” spesso anche pericolosi, che difficilmente vengono occupati dai lavoratori locali, finendo per incrementare il lavoro in nero, sottopagato e che non tutela le persone, ma li mantiene in una condizione di disagio e senza favorirne l’integrazione.