Lac – lavoro a chiamata, cos’è e come funziona

lavoro a chiamata come funziona

Anche noto sotto l’acronimo Lac, nonché lavoro a chiamata, fa riferimento ad un contratto ad intermittenza (o intermittente), con l’obiettivo di accordarsi con il datore di lavoro per una prestazione occasionale.

In breve, cos’è e come funziona il lavoro a chiamata? Dall’inglese Jobs Act, precedentemente regolamentato dalla riforma Jobs Act pensata da Matteo Renzi, il collaboratore si ritiene a disposizione del datore di lavoro o dall’azienda da cui è chiamato all’esigenza.

A differenza di quanto avverrebbe con il lavoro autonomo, il lavoro intermittente prevede che il collaboratore sia subordinato alle tempistiche al modo dettato dalla società o dal datore di lavoro da cui svolge il servizio.

Il datore di lavoro che intende assegnare il lavoro al soggetto interessato, è obbligato a comunicarlo preventivamente secondo queste condizioni:

  • Se l’attività deve essere svolta entro le dodici ore alla chiamata, la comunicazione avverrà tramite SMS.
  • Per tempistiche più lunghe (entro un massimo di trenta giorni), la comunicazione al lavoratore può avvenire tramite PEC o indirizzo di posta elettronica.

Qualora l’azienda non rispettasse gli obblighi relativi al preavviso, la sanzione potrebbe ammontare da un minimo di 400€ a massimo 2.400€.

Accordi per il lavoro a chiamata: cosa occorre?

Il lavoro a chiamata, così come per qualsiasi altra prestazione di servizio, prevede degli obblighi ben specifici. Ecco quali sono gli elementi che non devono mancare al fine di concretizzare l’accordo del lavoro a intermittenza:

  • Durata del contratto (a tempo determinato oppure indeterminato).
  • Causale oggettiva o soggettiva del Job Act.
  • Modalità e luogo in cui si svolgerà il rapporto di lavoro.
  • Preavviso di chiamata al collaboratore.
  • Trattamento normativo ed economico (stipendio ed eventuali bonus di disponibilità).
  • Modalità secondo cui chiamare il collaboratore.
  • Norme di sicurezza previste per il lavoro da svolgere.

Quanto al lavoratore, se desiderasse prendere più di un impegno lavorativo, potrebbe sottoscrivere dei contratti di lavoro a chiamata contemporaneamente, a patto che il lavoro non faccia concorrenza alle aziende per cui svolge il servizio.

Il contratto di lavoro intermittente può essere sottoscritto e proposto, soltanto per dei motivi ben specifici. Il primo, dev’essere di carattere oggettivo. Ciò significa, che l’esigenza di tale prestazione occasionale deve figurare tra le professioni accettate dal CCNL e reperibili nel regio decreto n. 2567 del 1923.

Il secondo ed ultimo motivo, prevede che il contratto di LAC vale per quei soggetti al di sotto di ventiquattro anni oppure, di età superiore ai cinquantacinque. In quest’ultimo caso si parla di motivo soggettivo.

Quanto può durare al massimo il lavoro a intermittenza

La durata massima del lavoro intermittente è pari a 400 giorni per un totale di tre anni. Questo vale per qualsiasi settore tranne per quello dello spettacolo, turismo e pubblici esercizi.

Se l’azienda dovesse continuare il rapporto di collaborazione oltre il massimo consentito, il contratto di lavoro a chiamata si trasformerebbe automaticamente in uno a tempo indeterminato e full time (escludendo sempre i settori sopra citati).

In caso di maternità o impossibilità del lavoratore di recarsi sul posto di lavoro, egli dovrà comunicare immediatamente e con preavviso, il datore di lavoro circa la sua assenza.

A coprire questo periodo è l’indennità che viene corrisposta dall’INPS. Ciò significa, che negli orari in cui il lavoratore dovrebbe svolgere il suo servizio, ma per motivi personali ha dato disdetta, egli è soggetto a controlli da parte del medico fiscale.

Rispetto alla vecchia modalità dei “voucher INPS”, dal momento in cui il lavoro a chiamata è subordinato, sia i permessi che le ferie sono previste nel contratto e quindi vengono maturate e pagate.