Molti lavoratori autonomi si trovano davanti alla necessità di aprire la partita IVA per rendersi più professionali davanti al potenziale cliente e per regolarizzare davanti alla legge la loro posizione lavorativa. Se si superano i 5.000 euro all’anno infatti non è possibile emettere ritenute di acconto ma si rende necessaria la Partita IVA, inoltre è sempre più crescente il numero di aziende che la richiedono ai loro collaboratori esterni.
Nel 2008 grazie al governo Prodi era stato introdotto il regime fiscale dei contribuenti minimi con la finalità di introdurre un sistema di partite IVA agevolato. Questo regime è esente da irpef e iva.
Cos’è il regime dei minimi e come funziona?
Questa tipologia di regime agevolato è indicato per tutti coloro che rispondono a i requisiti per i regimi dei minimi cioè tutti i contribuenti che non superino la soglia massima consentita di 30.000 euro in ricavi o compensi all’anno, non abbiano dovuto sostenere spese per collaboratori o dipendenti, non abbiano effettuato cessioni all’esportazione, non abbiano rilasciato somme in forma di utili di partecipazione. Non devo in oltre aver acquisito beni strumentali di valore complessivo superiore i 15.000 euro. Per fare un calcolo dell’importo massimo si deve considerare l’importo comprensivo di iva delle fatture dei beni strumentali, quindi il totale della fattura stessa. Sui beni considerati di tipo promiscuo come può essere l’acquisto una nuova autovettura, il valore di acquisto del bene strumentale è da considerarsi pari al 50%.
Il regime fiscale agevolato dei contribuenti minimi è adatto dunque a quegli utenti alle prime armi che non sono certi di come andrà l’attività appena avviata e possono come prima cosa stimare di non superare i 30.000 euro in ricavi o compensi.
Al regime dei minimi non hanno accesso: attività relative alla pesca all’agricoltura, i sali tabacchi, l’editoria, la telefonia pubblica, gli intrattenimenti e giochi, le vendite a domicilio o all’asta di oggetti d’arte e antiquariato, le agenzie di viaggi, gli agriturismi, i rivenditori di beni usati, i rivenditori di documenti di trasporto o sosta.
Rimangono esclusi anche i non residenti in Italia e i soggetti che esercitano due attività: anche se una delle due dovesse rispondere ai requisiti per rientrare nel regime dei minimi, non avrà comunque accesso.
Regime dei minimi e regime forfettario cosa cambia
Se si ritiene di possedere i requisiti per accedere al regime dei minimi rispondendo alle caratteristiche sopra elencate e si inizia un’attività di impresa di arte o professione, lo si deve comunicare nella dichiarazione di inizio attività attraverso il modello AA9 barrando la casella apposita inserita nel quadro B che indica “regime dei minimi”, insieme all’apertura della partita IVA ed iscriversi alla gestione separata dell’INPS (sono esenti da questo alcune categorie come ad esempio i giornalisti che svolgono una professione con previdenza professionale indipendente)
Il regime dei minimi prevedeva una tassazione del 5% in presenza di un incasso annuo massimo di 30.000 euro. Nel 2016 questa tassazione è passata dal 5 al 15%. Questo in conseguenza al fatto che il regime dei minimi così come lo si conosceva ha subito dei cambiamenti dopo la riforma di stabilità del 2016 a partire dal nome diventato Regime fiscale forfettario.
La tassazione minima del 5% è mantenuta solo per coloro che abbiano aperto la partita IVA con regime dei minimi entro e non oltre il 2016 cioè entro l’anno della riforma. I vecchi contribuenti possono, quindi, continuare ad usufruire del regime dei minimi con tassazione pari al 5% per la totalità dei 5 anni previsti ed entro il compimento del 35 esimo anno di età.
Le nuove partite IVA successive alla riforma di stabilità del 2016, invece, prevedono solamente due opzioni che sono quelle della la partita IVA ordinaria e la partita IVA forfettaria
Partiamo dal capire cosa prevede e chi rientra nelle caratteristiche della partita IVA a regime forfettario.
Per rientrare nel regime forfettario si devono rispettare dei limiti reddituali che sono nello specifico:
- 30.000 euro, per artigiani professionisti e imprese
- 30.000 euro, per gli ambulanti di altri prodotti
- 40.000 euro, per gli ambulanti di generi alimentari e bevande
- 50.000 euro, per i commercianti, gli albergatori e ristoratori
E’ necessario non aver superato i 30.000 euro di reddito da lavoro dipendente o assimilato nell’anno precedente all’apertura della partita IVA.
Chi non rientra in tali caratteristiche previste per il regime forfettario dovrà necessariamente optare per la partita IVA ordinaria che prevede liquidazioni e versamenti dell’IVA tenuta dai registri contabili, l’assoggettamento agli studi di settore, IRPEF progressiva per scaglioni e la possibilità di assumere dipendenti o collaboratori. Non ci sono limiti per le esportazioni e sui ricavi.
Pur inseriti nel contesto della partita IVA ordinaria si potrà passare a quella forfettaria in qualunque momento in cui i requisiti del libero professionista dovessero cambiare comunicando tale volontà attraverso la prima dichiarazione dell’IVA utile.
Nel caso di un lavoratore dipendente che desiderasse mettersi in proprio aprendo una propria partita IVA potrà scegliere unicamente quella di tipo ordinario.
Come si è visto quindi dal 2016 ad oggi l’unico regime agevolato in alternativa alla partita IVA ordinaria è quella di tipo forfettario per tutti coloro che iniziano un’attività di impresa o di arte o professione, la cui attività ha ridotte dimensioni.
Oltre alle caratteristiche reddituali che consentono l’accesso al regime forfettario è necessario che:
- I compensi percepiti non superino un tetto massimo che va dai 25.000 ai 50.000 euro a seconda delle attività.
- I costi dei beni strumentali non superino il tetto massimo di 20.000 euro
- Le spese dei lavoratori dipendenti o i collaboratori non devono superate il tetto massimo di 5.000 euro (lordi)
Tali requisiti vanno verificati sui dati dell’anno precedente (per coloro che sono già in attività) quindi per l’anno in corso 2017 si andranno a verificare i dati del 2016.
Regime forfettario, alcune novità
Una delle novità introdotte nel regime forfettario è la limitazione al suo utilizzo per quei contribuenti che abbiano operazioni in corso con l’estero. La seconda limitazione introdotta è l’aver percepito, nell’anno precedente, un compenso superiore a 30.000 euro per lavori dipendenti o per lavori dipendenti assimilati. Da non considerarsi valida questa limitazione nel caso i rapporti di lavoro siano cessati.
Una delle agevolazioni del regime forfettario è il non dover tenere i registri contabili e fiscali. I contribuenti che rientrano in tale regime, hanno il solo obbligo di conservare i documenti emessi e ricevuti e presentare la dichiarazione dei redditi ai fini di pagare il 15% dell’imposta sostitutiva.
Infine, non devono addebitare l’IVA in fattura (e non hanno quindi diritto alla detrazione dell’IVA sulla fatture di acquisto), sono esonerati dall’obbligo di liquidazione periodica dell’IVA e da tutti gli altri obblighi previsti per l’IVA.