Da diversi mesi in Italia si è aperto un fronte di protesta guidato dai ricercatori precari dell’Università. La riforma Gelmini, approvata il 30 Dicembre del 2010 e pubblicata in GURS il successivo 29 Gennaio del 2011, ha eliminato la figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato.
Quella riforma aveva l’intenzione di omologare la figura del ricercatore a quella dell’assistant professor delle altre Università europee ma, come al solito, le riforme in Italia sono sempre a metà. Nelle altre Università europee anche i professori sono a contratto, le cattedre si liberano più facilmente, c’è maggiore mobilità all’interno degli atenei.
Insomma, un sistema completamente diverso per cui quella riforma, che forse nelle intenzioni aveva quella di modernizzare l’Università italiana, ha finito soltanto con il creare una nuova forma di precariato. Contro l’impossibilità di ottenere un lavoro stabile, sempre più numerosi ricercatori universitari si stanno mobilitando con le proteste di piazza e con i ricorsi al giudice del lavoro e al TAR, come spiega nel suo sito lo studio legale associato www.damianianddamiani.com.
Il precariato dentro le università è illegittimo rispetto ai principi del diritto dell’UE
La battaglia giuridica condotta dai ricercatori universitari, richiama i principi sanciti dalle norme dell’UE per poter superare le disuguaglianze che la legge italiana ha introdotto a danno dei ricercatori. La L. 240/2010 (riforma Gelmini) in radice è illegittima così come, di conseguenza, il contratto che disciplina. In subordine, il titolare di un contratto disciplinato con la 240/2010, può chiedere il diritto al risarcimento del danno, così com’è già successo. Tra l’altro, la riforma Gelmini ha introdotto un ulteriore elemento discriminante. Infatti, ha eliminato la figura del ricercatore a tempo indeterminato nelle Università, ma ha continuato a prevederla nel resto degli enti di ricerca pubblici, come per esempio il CNR.
Riconversione del contratto o risarcimento del danno
Anche per questo il risarcimento del danno a favore dei ricercatori universitari titolari di assegno di ricerca, oppure di tipo A o di tipo B, è stato a più riprese riconosciuto dalla giurisprudenza italiana, comunitaria e, infine, dalle sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione come puoi leggere qui sul Sole24ore.
La battaglia sociale e giuridica è concreta. Se in via principale non si riuscirà ad ottenere il diritto alla stabilizzazione, sulla base dei principi richiamati (equivalenza ed effettività), si può in subordine procedere per il risarcimento del danno per abuso di contratto a tempo determinato, conteggiando assegni di ricerca ed emolumenti dei contratti ex L. 240/2010 per almeno 12 mesi.
Come si fa ad avere un contratto a tempo indeterminato da dall’Università?
Attualmente, un normale percorso accademico è composto da: Tutor/Cultore (non retribuito), Dottorato, Post Dottorato con assegno di 2 anni, più rinnovo di altri 2 anni, Ricercatore a tempo determinato di tipo A di 3 anni. Un percorso di questo tipo si esaurisce a 35/45 anni, senza sbocco ulteriore alcuno che non sia quello del concorso di ricercatore, stavolta di tipo B, o di professore associato o ordinario sempre che, nel frattempo, si sia riusciti ad ottenere l’abilitazione scientifica nazionale ASN.
Per quale motivo un giovane laureato particolarmente dotato dovrebbe intraprendere la carriera di ricercatore
In realtà, gli Atenei approfittano di questa situazione, perché con i ricercatori a tempo determinato sostengono tutta l’attività accademica a scapito del diritto ad un lavoro stabile, del progresso di carriera, anche del diritto alla propria realizzazione ed esercizio delle proprie capacità. Attualmente, il bacino dei ricercatori universitari in Italia è composto da circa 40.000 unità. Mentre i concorsi per associato o ordinario sono sempre di meno e sottoposti alle dinamiche, mai del tutto tramontate, del baronaggio accademico.
Gli obiettivi della protesta dei ricercatori universitari precari
Attualmente, gli obiettivi dei ricercatori precari dell’università sono di due tipi: ottenere la revisione della 240/2010, individuando una figura che, con un percorso più congruo, sia in grado di garantire uno sbocco lavorativo certo a chi vuol dedicare con profitto e merito la sua vita alla ricerca accademica;
ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato o, in subordine, il risarcimento del danno, qualora si sia in possesso dei requisiti previsti dall’art. 20 del Dlgs Madia, per l’accesso alle procedure di stabilizzazione del personale precario della Pubblica Amministrazione.