E-commerce: gli adempimenti da rispettare

Aprire un e-commerce è un’opportunità che stanno cogliendo sempre più negozi per espandere la loro vendita . Questo grazie al momento favorevole che sta attraversando il comparto online nei diversi ambiti dell’economia.

Oltre a prestare attenzione agli aspetti relativi al marketing e alla logistica è necessario risultare in regola dal punto di vista finanziario e normativo, incluso quello prettamente fiscale e burocratico. In tal senso un valido aiuto si rivela la guida alla fatturazione per e-commerce di Fatture in Cloud, un software di fatturazione utile anche alla gestione dei negozi online: oltre all’emissione di fatture, permette infatti l’integrazione con le principali piattaforme e-commerce, la creazione di ricevute e ddt, la registrazione delle spese, l’analisi dell’andamento di entrate e uscite e via dicendo.

In questo articolo analizziamo quali sono gli adempimenti che il gestore di un e-commerce si trova tenuto a rispettare. Sarà così possibile farsi trovare pronti in caso di controlli, gestendo con maggiore consapevolezza (e serenità) lo shop online.

Apertura della partita IVA: è sempre necessaria?

Quando si apre un’attività si è soliti procedere, come prima cosa, aprendo una partita IVA. Ma è sempre necessario, questo passaggio, quando il negozio è online? In realtà no. Le situazioni in cui la partita IVA per e-commerce non risulta obbligatoria sono:

  • Le transazioni inerenti beni o servizi vengono effettuate in maniera occasionale.
  • In caso di vendita su piattaforme specializzate di commercio elettronico, i ricavi non devono superare la cifra di 5000 euro.

Diversamente, quando la vendita non è saltuaria ma continuativa e abituale, è necessario avviare l’apertura della partita IVA, una procedura per la quale è preferibile rivolgersi a un commercialista, meglio ancora se specializzato nel settore digitale.

Una precisazione:  il confine tra prestazione occasionale e non occasionale appare nella maggioranza dei casi piuttosto difficile da individuare. Anche in questo caso un buon commercialista è in grado di fare le opportune valutazioni, consentendo di evitare di incorrere in sanzioni importanti.

È possibile aprire la partita IVA, con un po’ di esperienza in ambito fiscale, in autonomia, inoltrando la richiesta all’Agenzia delle Entrate: sarà l’ente statale a inviare il codice numerico a 11 cifre, utile per identificare l’azienda in qualsiasi ambito, incluso il web.

È necessario presentare una dichiarazione d’inizio attività entro 30 giorni da quando si è cominciato a proporre i propri servizi su internet. Il modello da compilare è quello AA9/12 per le persone fisiche e quello AA7/10 nel caso di soggetti differenti.

In entrambi i casi il modulo va recapitato presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate, volendo attraverso il portale online. La compilazione è complessa e se non ci si sente sicuri è meglio consultare un professionista esperto.

È inoltre indispensabile essere in possesso di una PEC, un indirizzo di Posta Elettronica Certificata, onde per cui se non la si avesse già occorre aprirne una.

Quanto detto è valido anche qualora si decidesse di vendere su Amazon, il marketplace più utilizzato per le transazioni sul web.

Se si vende online nei Paesi UE

Non sempre il contesto commerciale di riferimento per un e-commerce è quello nazionale. In diversi casi gli scambi avvengono nell’ambito dell’Unione Europea. Come comportarsi, allora, per essere in regola?

Il titolare dell’e-commerce dovrà necessariamente richiedere il cosiddetto VIES o VAT Information Exchange System. Di cosa si tratta? Semplicemente di un’iscrizione della partita IVA nell’ambito UE che permette di effettuare in maniera totalmente legale le operazioni appartenenti al circuito intracomunitario.

L’iscrizione al VIES è obbligatoria per chiunque operi all’interno degli stati UE: per gli scambi B2C e quelli B2B, inclusi quelli con i fornitori. Rappresenta quindi un aspetto spesso obbligatorio per le realtà che lavorano nel panorama online.

Al momento il VIES è realizzato in tutte le lingue utilizzate nell’Unione (in totale 23). Prima di procedere con le transazioni è preferibile verificare che la partita IVA risulti tracciata all’interno di questo registro.

Diversamente, è necessario relazionarsi con le autorità di riferimento nel contesto nazionale, così da accertarsi della validità della partita IVA nonché la corretta associazione a una ragione sociale e a un indirizzo.

La gestione delle fatture

Non basta creare un e-commerce efficiente dal punto di vista grafico e con una user experience che cattura l’utente, per realizzare uno shop online di successo. Sono diversi gli step da seguire onde evitare di incorrere in un fallimento e tra questi troviamo quelli che riguardano l’aspetto burocratico.

Oltre a scegliere il corretto codice ATECO (per l’e-commerce è quello 47.91.10), si rivela essenziale essere informati per quanto riguarda la gestione delle fatture, nello specifico se la loro emissione è necessaria o meno.

La questione è molto più complessa di quanto non possa apparire a una prima occhiata, meglio quindi accertarsene con il proprio commercialista.

In termini generali, secondo quanto previsto dalla normativa l’emissione della fattura non risulta obbligatoria nel caso degli scambi di tipo B2C, salvo esplicita richiesta da parte del cliente.

Per le transazioni che invece avvengono nel contesto B2B è obbligatoria, sempre parlando in termini generici. Le cose diventano più complesse a seconda del tipo di commercio, diretto o indiretto, e se le transazioni interessano contesti differenti da quello nazionale.